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Author Archives: andreabacci7

23 Mar 2016

Il carcere da cui è impossibile sfuggire

Vorrei raccontare un aneddoto che risale al secolo scorso. Correva l’anno 1999. Era l’epoca pre-Facebook, un mondo nel quale i telefonini non avevano la fotocamera e di cui pertanto si è ormai persa la memoria. Il Millennium Bug incombeva sulle nostre teste, premonizioni apocalittiche di fine millennio non facevano presagire nulla di buono, pertanto decisi di iscrivermi all’Università di Bologna per studiare cinema: tanto ormai, peggio di così che poteva succedere?

Fu proprio in quel periodo che feci la mia conoscenza con l’ex carcere di San Giovanni in Monte. L’occasione fu il corso di Storia Contemporanea. Ricordo che rimasi molto colpito dal fatto che quel posto era stato una prigione. Alla fine della lezione, mi aggirai per il dipartimento alla ricerca delle tracce del carcere ancora visibili sui muri e in certi elementi architettonici. Rimasi talmente affascinato da quel luogo che finii per perdermi. A mia discolpa (chi c’è stato dentro almeno una volta lo sa) quel luogo è un autentico labirinto. Ho continuato a perdermi ogni qual volta mi recassi a San Giovanni in Monte per lezioni, lauree, eventi. Trovavo comunque incredibilmente appropriato che un luogo così ricco di storia, dapprima convento e quindi carcere, fosse sede del Dipartimento di Storia (oggi, Storia Culture Civiltà, senza virgole nel mezzo).

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Foto di Carloalberto Canobbi

Passano gli anni e mi ritrovo nuovamente in quel luogo per girare “Paura non abbiamo” e ovviamente, durante le riprese ho continuato a perdermi al suo interno. Non so perché, la geografia di quel luogo non mi rimane in testa. In un certo qual modo, calcolando il numero di volte che sono rimasto intrappolato al suo interno, sono stato anch’io prigioniero a San Giovanni in Monte. Un carcere da cui è impossibile sfuggire, a quanto pare. Non fuggire, sia ben chiaro, visto che il carcere è stato chiuso negli anni Ottanta dopo l’ennesima evasione da una delle finestre che conducono agevolmente sul tetto.

Insomma, San Giovanni in Monte è piacevolmente diventato la mia Alcatraz, che tra ricerche, scrittura e montaggio mi sta continuando a tenere imprigionato al suo interno. Alla fine sono convinto ne sarà valsa la pena, ma anche se così non fosse, adesso almeno so che la risposta alla domanda “a cosa serve studiare storia contemporanea a uno studente di cinema?” è molto semplice: serve a trovare le location dove ambientare i propri film.

08 Mar 2016

Paura non avremo

Inauguriamo il blog di “Paura non abbiamo” in una data simbolica, l’8 marzo, a conclusione del percorso creativo che ci ha visti impegnati a ricostruire le vicende di quell’anomalia tutta italiana che era la Bologna degli anni Cinquanta. All’epoca della guerra fredda, Bologna era un caso unico in Europa. Una città comunista nel cuore dell’occidente costituiva un affronto agli equilibri del Patto Atlantico: in quel mondo diviso in due, non c’era spazio per le anomalie.   Senza prendere in considerazione il quadro storico di riferimento, parlare della storia di quattro donne che furono arrestate e incarcerate per un mese per aver distribuito la mimosa durante la Giornata Internazionale della Donna l’8 marzo del 1955, sarebbe inutile e fuorviante.

Come regista e scrittore, sono sempre stato affascinato dai vinti essenzialmente per un motivo: gli sconfitti non finiscono mai in prima pagina e vengono subito dimenticati. Chi più loro ha bisogno che qualcuno racconti la loro storia? I vincitori scrivono la storia, gli eroi vengono celebrati da morti, come i santi. I vinti, invece, vivono nell’ombra. Per vivere da sconfitti senza rinunciare ai propri ideali ci vuole un grande orgoglio e serve una forza che i vincitori spesso non hanno, è per questo che le storie dei vinti sono molto più interessanti di quelle dei vincitori. E’ proprio per questo che le storie degli eroi le lascio raccontare agli altri.

Quando mi sono imbarcato in quest’avventura, mi sono immerso in un mondo che conoscevo solo in superficie. I miei due co-autori mi hanno aiutato a orientarmi in un territorio talmente vasto che sarebbe stato molto facile perdersi. Più ci addentravamo nella storia di quello che accadde l’8 marzo 1955, più era chiaro che non potevamo fermarci lì. C’era un universo intero che andava raccontato, del quale quell’episodio costituiva soltanto la punta dell’iceberg.

Quando si parla di 8 marzo si finisce sempre inevitabilmente per parlare di femminismo, e nel parlare di femminismo si finisce sempre a parlare degli anni Settanta. Circolano tanti luoghi comuni attorno a quella che viene volgarmente definita la Festa della Donna e sulla mimosa, nei quali non è così automatico orientarsi. Tutto questo ha finito per escludere completamente dall’equazione le donne degli anni Cinquanta, talmente prive di diritti e talmente avvolte da un mondo al maschile che non erano neppure in grado di pensare di dichiararsi femministe.

Queste donne sono state le prime che si sono battute per i diritti femminili nel mondo del lavoro e nella società nel suo insieme, ed hanno aperto la strada per tutte le conquiste dei decenni successivi, che oggi gli stravolgimenti del mercato del lavoro stanno lentamente rimettendo in discussione. L’hanno fatto con una forza d’animo fuori dal comune, in un’epoca nella quale distribuire la mimosa era un atto talmente sovversivo da venire addirittura proibito dalla questura. Un fatto del genere poteva verificarsi solo nella Bologna degli anni Cinquanta.

Uno dei motivi che ci ha spinto ad aprire questo blog è condividere le fasi e i passaggi che ci hanno portati ad arrivare fin qui. Seguiteci e li scoprirete.

 

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